Da Cutro alla Fratelli tutti di papa Francesco, passando per l’esempio del venerabile don Tonino Bello. Il primo incontro in preparazione alla visita del Santo Padre a Verona il prossimo 18 maggio è stato un approfondimento intenso ed appassionante all’interno del mondo dell’immigrazione, soprattutto in Italia.
La conferenza sul primo tavolo tematico che condurrà all’Arena di Pace 2024, ha visto dialogare sabato 10 febbraio all’interno del Salone dei Vescovi dell’episcopio veronese, mons. Francesco Savino, vicepresidente della Cei e vescovo di Cassano all’Jonio, Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano solidarietà, e – in collegamento – Lucia Capuzzi, giornalista inviata di Avvenire, moderati da don Giuseppe Mirandola, direttore del Centro pastorale immigrati della Diocesi di Verona.
Il confronto si è aperto con il ricordo del naufragio di Cutro, in Calabria, dove poco meno di un anno fa persero la vita oltre 94 persone nel tentativo di raggiungere le coste italiane. «A Cutro è morta l’umanità» ha sentenziato mons. Savino e proprio perché l’episodio non costituisce un caso isolato, secondo il vescovo calabrese, «sull’immigrazione ci giochiamo la civiltà e tutti i valori che reggono la nostra democrazie». «Noto che noi credenti siamo divisi e divisivi rispetto all’immigrazione – ha evidenziato il presule – siamo divisi sui fratelli immigrati. Ma io non capisco come l’accoglienza non possa essere il paradigma di tutti i credenti». L’affondo poi è stato sull’approccio ideologico-emergenziale con cui troppo spesso viene affrontata la questione.
L’analisi di Gianfranco Schiavone si è invece concentrata sull’impianto legislativo italiano, che tenta di nascondere il vero problema che è quello di un cambiamento impossibile da arginare, ma che andrebbe governato.
Secondo Schiavone le norme attuali rendono di fatto impossibile per un migrante (economico, ma spesso anche per un richiedente asilo) raggiungere l’Italia regolarmente, condannando chi arriva a rischiare la vita e alla permanenza in Italia nell’illegalità e nello sfruttamento. Gli ultimi decreti, poi, non sarebbero altro che il «tentativo di spostare il già pessimo sistema di accoglienza in un sistema di detenzione».
Di qui la sua denuncia: «Questo è sistema iniquo e violento. È sistema criminogeno che continuiamo ad alimentare. È da questa spirale che dobbiamo uscire».
Lucia Capuzzi ha spostato il focus sull’avversione diffusa per il migrante che fugge da guerre o povertà.
«Quello che ci fa paura è che siano persone povere, persone in fuga dalle contraddizioni causate dalla nostra globalizzazione. Ci obbligano a vedere che il sistema va bene solo per una piccolissima parte del mondo, mentre i tre quarti della popolazione mondiale vive in situazioni frantumate». Non a caso «Papa Francesco apre la Fratelli tutti con un capitolo sul mondo in frantumi. Il migrante ci mette davanti a questa evidenza».
Qual è allora la proposta?
Per andare contro «il male della banalità» ha spiegato mons. Savino, la vera soluzione «è una soltanto ed è racchiusa in quell’enciclica che ritengo la profezia di questo terzo millennio: si chiama fraternità».
Di qui l’appello: «Cittadini di buona volontà, uniamoci e includiamo legalmente e democraticamente i nostri fratelli e sorelle immigrati perché la fraternità è il grande sogno di Dio. Sogniamo la fraternità possibile e inclusiva perché solo su questo possiamo costruire un mondo bello per i nostri figli».