Mahbouba Seraj, nata a Kabul nel 1948, è una giornalista e attivista afghana, candidata al Nobel per la pace l’anno scorso e fra le cento persone più influenti al mondo nel 2021 secondo la rivista Time. È fra le fondatrici ed esponente del board dell’Afghan Women’s Network, una coalizione di oltre 125 organizzazioni per la tutela e la promozione dei diritti delle donne e per il sostegno alle vittime di violenza domestica che dal 1995 opera in diverse province dell’Afghanistan, contando sull’operato di più di 3.500 attiviste e attivisti.
L’esperienza di Seraj è una testimonianza delle varie fasi che hanno segnato la travagliata storia afghana dell’ultimo mezzo secolo: in esilio negli Usa per 26 anni a partire dal 1978 dopo l’arresto e l’espulsione da parte dell’allora governo filo-sovietico, l’attivista torna nel paese nel 2003, due anni dopo la caduta del regime talebano, destituito con l’invasione Nato a guida statunitense nel 2001. Dopo quasi due decenni, i talebani trasformano in una parentesi quella che doveva essere una nuova era per il paese asiatico, entrando a Kabul nel 2021 e proclamando un Emirato. Seraj potrebbe lasciare il paese con relativa facilità – in esilio ha anche ottenuto la cittadinanza statunitense – ma decide di restare e di proseguire con il suo attivismo. Più che mai necessario adesso che le autorità dell’Emirato stanno di fatto cancellando i diritti delle donne del paese. Le cittadine afghane che hanno più di 12 anni non possono studiare, lavorare, nemmeno camminare liberamente da sole.
«Le donne afghane sono alcune fra le più intraprendenti e forti del mondo: la loro resilienza è indistruttibile – ha affermato Seraj l’anno scorso. È stato fatto molto lavoro e ogni volta però dobbiamo ricominciare da zero ancora e ancora, e questo ci sta stremando. Ma dobbiamo fare quello che è necessario, e siamo determinate a proseguire».
Un cammino che contempla sempre la possibilità del dialogo. Nel 2022 Seraj ha preso parte a un
primo tentativo di negoziazione fra società civile e talebani che si è svolto in Norvegia. Questo momento di confronto, tuttavia, non ha portato i frutti sperati, anche a causa degli errori della comunità internazionale, come ricordato dalla stessa Seraj in un’intervista ad Avvenire. La candidata al Nobel, però, conta ancora nella «forza delle parole, non nelle armi. Forse perché ho imparato – ha detto sempre ad Avvenire – quanto male queste possano fare».
L’impegno di Seraj sarà una delle stelle polari di Arena di Pace, il grande incontro dei movimenti popolari con Papa Francesco che si svolgerà a Verona il 18 maggio. L’attivista prenderà parte alla grande assemblea della società civile prevista nella fiera della città scaligera il 17 maggio e poi il giorno dopo, in Arena, sarà fra le portavoce del tavolo Diritti e democrazia, facilitando il dialogo fra il Santo Padre e i movimenti.